- 19 Marzo 2018
- Postato da: Francesca Anni
- Categoria: Tecnica & Consulenza

Sembrano sinonimi, ma in realtà sono termini che esprimono documenti con finalità, caratteristiche, destinatari e autori diversi. E quando un imprenditore dice che il business plan (il piano d’impresa, il piano di risanamento…) è nella sua testa, è come se Leonardo da Vinci avesse raccontato come immaginava la Gioconda prima di dipingerla. Nessuno se lo sarebbe filato.
Con la mole di dati e informazioni relativi alla nostra impresa che banche, clienti e fornitori hanno a disposizione e si scambiano, è impensabile non condividere a nostra volta informazioni riguardanti l’azienda con gli interlocutori più importanti. Inclusi i nostri dipendenti. Ciò vale sempre, e soprattutto con i dati storici.
Se un’azienda ha ad esempio un rating negativo (da Cerved, Crif o dalle banche) e non ci preoccupiamo di sapere perché è stato assegnato, se un fornitore ci ha ridotto il fido (o peggio le assicurazioni del credito) e non vogliamo parlarne, ritenendoci superiori, il rischio è proprio di avvalorare quel giudizio.
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È invece sempre bene tener conto della realtà, anche e soprattutto di quella che meno ci piace. Per fronteggiarla, e provare a cambiarla.
E questo vale anche per il programma futuro dell’azienda. È sempre preferibile dare concretezza al disegno che abbiamo in mente; meglio dipingere la “Gioconda” e quindi esplicitare e mettere per iscritto ciò che il “Leonardo” aziendale ha in testa, anziché tenere il progetto nella nostra mente.
In questo modo otteniamo due risultati: da una parte verifichiamo se il nostro progetto è fattibile. Dall’altra catalizziamo su di esso la professionalità, l’ingegno e il contributo di tanti collaboratori interni ed esterni.
Per condividere dati del passato e del futuro esistono documenti specifici. Eccone una sintesi:
Piano D’impresa | Budget | Business Plan | Piano di Risanamento | |
Quando farlo | Annualmente | Annualmente pronto prima dal 1/1 | Secondo esigenze, quando l’azienda è in condizioni di stabilità o crescita | In caso di criticità, crisi, piani di turnaround e di procedura |
A cosa serve | Per esplicitare le strategie e i programmi dell’azienda | – Tradurre la strategia in numeri e verificare la sostenibilità eco-patrimoniale e finanziarie
– Fissare gli obiettivi quantitativi |
Per richiedere finanziamenti o mantenere le linee di fido. | Per negoziare con i creditori e come base per i documenti formali di un eventuale procedura (ex 67, 182bis / ter, concordato) |
Per chi è | Interni: cda, management e tutti i dipendenti | Interni:
direzione, responsabile di funzione e -volendo- tutti i dipendenti |
Esterni: banca, finanziatori, soci, nuovi partner industriali | Interni ed Esterni, tra cui Banche, Erario, Sindacati, fornitori e creditori vari |
Arco temporale di riferimento | 2/3 anni | Annuale con verifiche mensili | 3 / 4 anni | Da 3 a 5 anni |
Chi lo fa | Management | CFO, direttore amministrativo, commercialista | Advisor finanziari e consulenti specializzati | Consulenti specializzati in crisi d’impresa e turnaround |
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Riguardo al ‘Piano di risanamento’ è opportuno aggiungere alcune ulteriori indicazioni, che nascono dall’esperienza specifica di chi scrive, maturata proprio in questo campo.
Va intanto ricordato che esistono i principi di redazione dei piani di risanamento, redatti da autorevoli esperti che lavorano in organizzazioni specializzate. Tali criteri hanno dato vita a un vero protocollo, che sta diventando il punto di riferimento nella negoziazione con banche e creditori in genere.
IL PIANO DI RISANAMENTO NON È UN BUSINESS PLAN PER ALCUNI PRECISI MOTIVI
1. Il Piano deve spiegare:
- Come avviene il riequilibrio finanziario
- Come si recupera la posizione debitoria.
2. Il Piano di risanamento deve essere redatto tempestivamente (mentre un Business Plan si può fare con calma, non c’è problema di tempo) e deve contenere:
- Le cause della crisi
- Le ipotesi di risoluzione
- Le nuove strategie industriali e organizzative
- Gli aspetti finanziari
3. È importante che sia sostenibile finanziariamente, considerando orizzonti temporali sia a breve (mensili) sia pluriennali, e che contenga un action plan concreto e non un mero elenco di azioni desiderabili.
4. Infine, il Piano deve prevedere simulazioni che permettano di valutare:
- La sensitività: ossia un’indicazione di come cambiano le variabili economiche/finanziare al variare di fatturati, margini, tassi, ecc. (Low, medium e High Plan)
- Lo Stress test, ossia la simulazione di scenari alternativi qualora si oltrepassino certi parametri (rottura di covenant) e si vada sotto il piano minimo.
Aziende in palese difficoltà che presentano dei Business Plan copia-incolla, redatti da pseudo specialisti della crisi o da consulenti improvvisati, potrebbero non vedere mai nascere la Gioconda.
Se stai preparando un “piano” richiedi un contatto per un confronto sulla sua completezza
Jimmy Clarini – Fondatore e Amm.re unico di Entriage
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