Quando in un’azienda la liquidità viene a mancare, in maniera acuta oppure cronica, tutte le attenzioni e gli sforzi dell’imprenditore e degli azionisti sembrano invariabilmente orientarsi alla ricerca di nuova liquidità. In ogni modo, a ogni costo. Sembrerebbe un comportamento logico, se non fosse che la liquidità non è mai la causa di una crisi. Ne è se mai un effetto.

Gli studi in materia, le ricerche sul campo e l’esperienza diretta convergono nell’individuare il percorso caratteristico dell’imprenditore alle prese col problema di ripristinare un equilibrio economico in difficoltà, o compromesso:
Il primo atto è quasi sempre un aumento di capitale, al quale seguono la richiesta alle banche di concedere ulteriori linee di credito, e infine la ricerca di nuovi partner industriali, in veste di finanziatori.

In effetti, una crisi aziendale si manifesta – in fase conclamata – quasi sempre con un’unica modalità: la liquidità diminuisce, o viene a mancare del tutto.
Ma questo fatto è, per l’appunto, una conseguenza di uno squilibrio. Mai la sua causa.

Più che con le teorie, vorrei argomentare questo punto cruciale raccontando il caso di un’azienda con la quale ho avuto modo di collaborare in qualità di Turnaround manager.

La chiameremo “Metalombarda spa”: nome di fantasia, ma storia vera, e istruttiva per le ragioni che cercherò di illustrare. Posso anticipare che è una storia a lieto fine, ma dal percorso piuttosto accidentato, ancorché tipico.

Metalombarda spa è un’avviata azienda del nord Italia, ha 60 anni di storia (la famiglia di imprenditori è alla seconda generazione) e un fatturato di 40 milioni. Offre prodotti e servizi di qualità, di gamma alta, con sedi estere e un’organizzazione, a detta di tutti, esemplare. I pagamenti dei clienti sono regolari (o questa almeno è la percezione interna). Nessun segnale evidente di crisi o difficoltà di alcun genere.

Fino a quando all’amministratore delegato viene comunicato che – in modo del tutto inatteso – c’è un problema: mancano liquidi per pagare una fornitura importante, dalla quale dipende un’altrettanto importante commessa.

L’istinto protettivo degli azionisti – nonché consiglieri – si attiva immediatamente e porta a un cospicuo finanziamento straordinario (oltre un milione di euro). L’azienda paga la fornitura, e il problema sembra superato.

Dopo nemmeno sei mesi, però, ecco che all’orizzonte si profila un altro problema di liquidità. Il direttore amministrativo segnala una qualche difficoltà a pagare le tredicesime, l’Iva arretrata e l’acconto sulle tasse.

Questa volta, gli azionisti dimostrano più sangue freddo: decidono di chiedere un fido alle banche. Sono disponibili immobili da offrire in garanzia, sia di proprietà dell’azienda che personali. Le banche concedono il credito, ma con molta fatica, e temporalmente diluito. Si capirà in seguito che i debiti verso le banche di Metalombarda spa, negli anni, erano progressivamente cresciuti.

la Posizione Finanziaria Netta (Pfn), ossia la somma dei debiti a breve e a lungo termine al netto della cassa, era effettivamente salita drasticamente. Tali precedenti finanziamenti erano stati richiesti, sembra, per fronteggiare gli investimenti relativi alle aperture delle filiali all’estero e per finanziare nuovi impianti. In realtà e a posteriori, queste linee di credito avevano “coperto” in modo inconsapevole alcuni problemi che si sarebbero poi rivelati di tutt’altra natura.

Alcune banche concedono dunque la nuova linea di credito, se pur a fatica. Una, invece, analizzato il business plan presentato dal Cda a corredo della domanda di finanziamento, si rifiuta di concedere ulteriori crediti e anzi chiede il rientro dei precedenti fidi.

Già questa modalità di risposta avrebbe potuto, forse dovuto, mettere in guardia il management dell’azienda. Esistono segnali eloquenti anche quando non espliciti, nel percorso che porta a una crisi aziendale, che raccolti e bene intrepretati consentono di intervenire in modo efficace, e di prevenire evoluzioni negative. In tutti questi casi, la tempestività è sempre fondamentale.

Una riflessione sui motivi per cui le banche avevano mostrato un comportamento così estremamente prudente avrebbe permesso di affrontare prima e quindi meglio il problema. Ma nella nostra storia, l’accesso a un processo di autentica presa in carico e di soluzione della crisi non è ancora maturo.
Le nuove linee di credito, concesse a caro prezzo, si rivelano disarmoniche rispetto alle vere esigenze di Metalombarda spa: il mix tra breve e lungo termine era tutto a sfavore dell’azienda, erano state richieste importanti garanzie e fideiussioni anche personali, le quali se da una parte tutelavano l’interesse dell’istituto di credito, dall’altra creavano le condizioni per problemi futuri all’azienda.

Nel frattempo, l’amministrazione di Metalombarda spa, mettendo a punto un se pur rudimentale strumento per un maggior controllo delle entrate e uscite, prevede che di lì a poco il problema di liquidità si sarebbe ripresentato, in misura ancora maggiore.
Questa volta gli azionisti pensavano di affrontare e risolvere l’imminente problema di liquidità offrendo quote della società a nuovi investitori.

Si cercano dunque nuovi partner industriali: uno viene individuato in un fornitore dell’azienda (che aveva da tempo subodorato come qualcosa non andasse negli assetti aziendali di Metalombarda spa). E si guarda anche a partner finanziari: alcuni fondi di Private equity avevano cominciato a bussare alle porte, compreso un improvvisato intermediario.

Ma i tempi brevi necessari e l’elevata divergenza tra azionisti e potenziali nuovi soci circa il valore dell’operazione rendono impraticabile procedere oltre su questa strada. Il Cda si rivolge dunque a una società di specialisti in gestione straordinaria d’azienda.

Entra così in gioco Entriage.
In brevissimo tempo studiamo e capiamo i veri motivi della crisi di Metalombarda spa. In sintesi:
1) Una delle filiali estere da tempo perdeva molto, scaricando però la negatività sulle consociate, e il meccanismo di crediti intercompany insieme ad altri rapporti commerciali non permettevano una lettura adeguata della dinamica.
2) Alcune commesse, per contrastare una concorrenza agguerrita, venivano accettate con margini bassissimi, molto al di sotto di quanto si credesse (il che denunciava un carente controllo di gestione).
3) Alcuni crediti erano ormai inesigibili, pur essendo ancora previsti a bilancio (non esisteva un sistema di verifica della solvibilità dei clienti).

Individuate dunque le cause della criticità in essere (storiche e in teoria non ripetibili) si redige un piano industriale che guidi le scelte tattiche e strategiche. Il piano viene presentato alle banche, per chiedere loro di rivedere le proprie posizioni. Nel frattempo, Entriage gestisce, a fianco dell’imprenditore e del management, la vita quotidiana dell’azienda, facendosi carico di tutte quelle problematiche tipiche da carenza di liquidità. Vengono condotte azioni energiche verso i creditori, alcune responsabilità interne vengono riviste e ridistribuite, si procede a una gestione per obiettivi.

Conclusioni.

Sappiamo, perché la letteratura in materia è ampia e documentata, che i motivi di una crisi aziendale sono riconducibili a due ordini di cause: quelle esterne (es. contrazione della domanda, azioni aggressive dei competitor, maturità di un segmento di mercato, ecc.) e quelle interne (costi della struttura troppo elevati, inadeguato controllo finanziario, perdita di capacità concorrenziale, organizzazione inefficiente, inadeguatezza del management, ecc.).

Ma alcune costanti accomunano tutti i casi studiati sia a livello internazionale che italiano, e quello qui brevemente riportato non fa eccezione:

1) La mancanza di liquidità viene spesso scambiata per la causa di una criticità aziendale, mentre ne è sempre un effetto.

2) Accanirsi nel tentativo di recuperare liquidità per risolvere un problema di liquidità, anche se apparentemente logico, è del tutto controproducente. Lo sforzo non risolve alcunché, porta invariabilmente a perdere tempo prezioso, e comporta un aggravio delle condizioni finanziarie dell’azienda (nel nostro caso, v’è stata una consistente perdita del capitale e l’aggravarsi del debito).

3) In situazioni di crisi – potenziale o conclamata – la variabile tempo è decisiva: quanto prima si interviene sulle vere cause, migliori sono le probabilità di un esito efficace del lavoro di gestione straordinaria d’impresa.

L’esperienza di Entriage conferma fortemente queste considerazioni. Posso aggiungere, per molteplici esperienze con aziende dalle storie simili a quella di Metalombarda spa, che dall’interno è sempre più difficile accorgersi delle spie e dei sintomi di una crisi.
L’imprenditore non è psicologicamente attrezzato per farlo. Il management spesso fatica anche solo a prendere atto di aspetti problematici dei quali quasi sempre è oggettivamente co-responsabile.

Il rilancio di un’azienda che sia entrata in questo tipo di impasse dipende allora da capacità extra-aziendali, quando queste siano naturalmente in grado di offrire competenze specialistiche, un approccio multidisciplinaretrasversale, tempestività e abilità di gestire temporalmente un’azienda come fosse la propria, fianco a fianco con l’imprenditore.