- 15 Settembre 2021
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Oggi tocchiamo un tema molto delicato e parliamo del codice della crisi d’impresa. Art 2086.
Fare impresa è sempre più difficile, i mercati sono sempre più competitivi, è forte la pressione dei fornitori, dei clienti, del sistema bancario e dell’erario. Insomma: bisogna stare attenti su vari fronti.
Molti imprenditori non prendono in giusta considerazione la possibilità che l’azienda entri in difficoltà e questo ottimismo, comprensibilissimo, fa scattare tardivamente le decisioni per affrontare la situazione di petto. In alcuni casi questo atteggiamento può portare a situazioni irreversibili fino al fallimento con conseguenze talvolta anche di natura penale.
Ne parliamo con l’avvocato penalista Enrico Di Fiorino che ci spiegherà il codice della crisi d’impresa (Art 2086).
PARLIAMO DEL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA: UNA RIVOLUZIONE COPERNICANA CON IMPATTI MOLTO IMPORTANTI ANCHE IN TEMA DI RESPONSABILITÀ
Con il codice della crisi d’impresa. Art 2086 si va a spostare l’attenzione alle fasi precedenti un possibile fallimento. Si è deciso di intervenire nella fase antecedente con una serie di obblighi che servono a far emergere una situazione di crisi. Capire prima che cosa sta succedendo consente ovviamente anche all’imprenditore e tutti gli altri soggetti che gravitano intorno all’imprenditore stesso di poter intervenire tempestivamente e poter quindi attivare le procedure di allerta e di composizione della crisi.
Questo anche per ridurre i costi delle procedure e migliorare le percentuali di
soddisfacimento per i creditori che sono sempre molto basse, talvolta quasi irrisorie.
Quando parliamo di crisi c’è anche la possibilità che sia lieve e quindi si possa ancora gestire senza procedure e l’intervento di un penalista. È un’area di rischio imprenditoriale anche quella, ma sappiamo che se esiste un rischio questo deve essere valutato e gestito. Nel campo, per esempio, della salute e della sicurezza questo è già avvertito e mitigato con responsabilità amministrativa da reato 231. Questo codice forza la mano verso l’imprenditore per prevenire e anticipare la risoluzione delle crisi e fa prevalere la continuità rispetto alla strada del fallimento.
Anche se potrebbe apparire solo come un dettaglio semantico scompare il termine “fallimento” che ha evidentemente una sua valenza punitiva. Parleremo da qui in avanti di una eventuale procedura di liquidazione giudiziale.
E I REATI FALLIMENTARI COME SI ADEGUANO A QUESTO NUOVO CODICE?
I reati sono rimasti esattamente quelli di prima anche se scompare il concetto di fallimento e di fallito. I reati di bancarotta rimangono esattamente quelli perché, in caso, se vengono commessi, saranno stati fatti anni prima del fallimento, ora liquidazione giudiziale.
Quindi attenzione perché sono reati che nascono da comportamenti che non sono dell’ultima ora.
Per definire la bancarotta dobbiamo precisare che cosa non è la bancarotta. Non si può pensare che ogni avventura imprenditoriale finita male possa essere automaticamente un reato e questo evidentemente non è così.
QUALI SONO QUINDI I REATI DI BANCAROTTA?
Una prima categoria dei reati di bancarotta è riconducibile a tutte quelle ipotesi in cui il nostro imprenditore o amministratore va a distrarre o va ad occupare dei beni aziendali determinando poi un danno ai creditori che saranno soddisfatti in misura minore. Questo è riconducibile alla bancarotta fraudolenta di carattere patrimoniale.
Abbiamo poi un secondo gruppo che è quello della bancarotta fraudolenta documentale che definisce quando un soggetto distrugge o nasconde i libri e le altre scritture contabili. Questo ha come effetto quello di non riuscire a rendere possibile la ricostruzione della movimentazione e del patrimonio della società.
Una terza tipologia che devo dire è anche abbastanza frequente è quella invece della bancarotta fraudolenta preferenziale che consiste nello scegliere deliberatamente
di pagare un determinato soggetto indeterminato creditore andando a determinare un danno ai creditori che rimarranno insoddisfatti.
Esistono ipotesi di reati che sono riconducibili a delle condotte che sono colpose in cui per negligenza, imprudenza o imperizia vado comunque a commettere determinate condotte riconducibili all’albero delle bancarotte semplici, per esempio di aver posto in essere delle operazioni manifestatamente imprudenti.
POSTO CHE IL NUOVO CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA IMPONE UNA PREVENZIONE, SE TU NON FAI QUESTA PREVENZIONE IN CHE MODO QUESTI REATI POTRANNO ESSERE CONDIZIONATI?
Questa riforma determina l’insorgere di molti obblighi. Vorrei presentarvi tre disposizioni nuove che secondo me apporteranno davvero un impatto molto significativo sull’intero sistema e sulle responsabilità degli organi controllori, sul cda e sugli imprenditori.
Il primo articolo che viene riformato è l’articolo 2086 del codice civile. L’imprenditore ha un obbligo di istituire un assetto organizzativo amministrativo e contabile parametrato alla natura e dimensione dell’impresa e questo assetto deve consentire di poter rilevare tempestivamente una possibile crisi.
A seguito di questa consapevolezza si dovrà poi attivare sempre proattivamente senza indugio in modo da poter in qualche modo usare gli strumenti di legge per risanare la situazione, se possibile.
Stiamo parlando di avere un budget, un controllo di gestione e delle procedure di processi decisionali e di percorsi di responsabilità all’interno dell’azienda.
Devo evidenziare poi l’articolo 3 e l’articolo 15 del codice della crisi d’impresa. L’articolo 3 ribadisce questo dovere di proattività dell’imprenditore verso la prevenzione mentre con l’articolo 15 si pone in capo a società di revisione, revisore o sindaci un obbligo di verifica sull’operato dell’organo gestorio in modo tale da poter segnalare poi a quest’ultimo la l’eventuale presenza di fondati rischi di crisi.
Non dovrà stupirsi se questi soggetti proprio in forza di questo articolo diventano un po’ più presenti e pressanti proprio per questo ruolo di controllo che la legge concede loro.
Non stiamo dicendo che la violazione di questi obblighi determina automaticamente la responsabilità penale perché ovviamente c’è una radicale differenza con la mala gestione che determina responsabilità penale però c’è una responsabilità aggravata se gli amministratori non avranno attuato questi sistemi di allerta che sono previsti dalla legge.
I reati non vanno solamente contestati, ma vanno anche accertati e quindi dimostrati. In assenza di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale o preferenziale, non è che il mancato adempimento di questi obblighi rappresenti un’ipotesi sanzionabile. Tuttavia, in caso di bancarotta documentale, la quale non consente una puntuale ricostruzione del patrimonio e delle movimentazioni (o ancora ad esempio il non aver adottato questo assetto organizzativo) potrebbe essere un elemento che agevola il pubblico mistero nell’andare a ricostruire un’ipotesi di bancarotta preferenziale.
Condividiamo anche la parte positiva per cui il puntuale e corretto adempimento di questi obblighi può portare ad escludere la responsabilità penale o comunque a ridurla ed attenuarla sensibilmente. E questo varrebbe per tutte le ipotesi di bancarotta, sia semplice (quindi quello meno grave) che fraudolenta. Quindi l’adeguato assetto organizzativo può essere anche premiante.
ABBIAMO DETTO CHE SPARISCE IL TERMINE FALLIMENTO SOSTITUITO IN PARTE DAL CONCETTO DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE MA NON SPARISCONO I REATI FALLIMENTARI. NELLE SITUAZIONI DI LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE O ANCHE DI UN CONCORDATO NULLA VIETA CHE CI POSSA ESSERE COMUNQUE UN INTERVENTO DEL MAGISTRATO PER DEI POSSIBILI REATI
E’ importante chiarire che i reati fallimentari possono essere contestati anche se non interviene un fallimento.
QUALI SONO GLI ULTIMI INDIRIZZI GIURISPRUDENZIALI
Uno molto importante e che si sta proprio sviluppando negli ultimi anni è l’incomprensione di essere chiamati a rispondere penalmente per condotte risalenti a molti anni prima. Chiamate che non vedono in nessun modo correlazione all’insolvenza verificatasi, magari riconducibili a cause totalmente differenti.
È un profilo che può essere avvertito anche come un motivo di grande ingiustizia. Questo i giudici lo sanno. Nel 2012, in una sentenza che poi è stata molto citata, la Corte di Cassazione aveva detto che era necessario verificare che ci fosse un nesso tra una determinata condotta e la crisi definitiva dell’impresa.
Siccome una rondine non fa primavera ci fu un’unica sentenza e subito dopo la cassazione è tornata indietro dicendo che questo nesso non deve essere accertato.
Una seconda tendenza è che viene sempre più spesso contestata un’altra fattispecie che è l’ipotesi di bancarotta per operazioni dolose e che viene ben utilizzata per colpire un fenomeno che effettivamente è molto frequente.
Si tratta cioè di chi, in modo reiterato e continuativo, non versa i tributi allo Stato e commette dei reati di natura tributaria, omessi versamenti dei contributi e di inadempimento degli obblighi di natura fiscale.
Questo determina ovviamente l’esponenziale aumento del debito nei confronti dell’erario mentre la società è assolutamente regolare con fornitori ed istituti bancari. È una modalità molto comoda, ma anche molto illecita di autofinanziamento e non è infrequente.
Ci si è resi conto che questo fenomeno non bastava punirlo solo con la contestazione dei reati tributari ma anche con la fattispecie di bancarotta fallimentare, appunto per condotte che sono accadute molti anni prima della dichiarazione di fallimento
Altro trend è la crescita delle contestazioni in materia di falsità in attestazioni di piani laddove imposto dalla procedura.
TRE CONSIGLI DA DARE AGLI IMPRENDITORI PER EVITARE IL “PEGGIO”:
- Istituire un adeguato assetto organizzativo contabile ed amministrativo per la rilevazione tempestiva della crisi (art 2086)
- Non confondere il patrimonio aziendale con quello personale
- Prevenire i rischi da responsabilità penale e civile avvalendosi di professionisti. Non si può fare da sé.
Contattaci per entrare nel dettaglio del codice della crisi d’impresa. Art 2086.